İstanbul

Io di Istanbul ne ho viste 3.
L’Istanbul della periferia più estrema dove ci siamo persi per 3 ore emmezza appena arrivati. Dove per disperazione stavamo per piantare la tenda in un parcheggio. Dove appena ci siamo fermati tutti i bambini del quartiere ci hanno assalito cercando di attirare in ogni modo la nostra attenzione. Dove le strade vengono chiuse per suonare e ballare la musica gitana. Dove chiedere indicazioni significa venir accompagnati fino a destinazione.

Poi ho visto l’Istanbul del centro, di Taksim, Istiklal e della Torre di Galata. Per una volta una grande città non mi ha fatto venire voglia di scapparne via. Il centro non è solo dei turisti, il centro è di tutti a tutte le ore. Turchi, occidentali, cristiani, musulmani convivono in un groviglio di stradine strettissime e case appoggiate una sull’altra. Stanno aspettando un gigantesco terremoto che pare distruggerà buona parte di Istanbul. Queste casette verranno giù tipo pedine del domino.
Camminando per Istanbul non ho potuto fare a meno di ridere ancora pensando a Milano, a quanto ci sentiamo avanti noi e di larghe vedute eppure “Non votate Pisapia, costruirà una moschea nel vostro quartiere”. Qua c’è davvero la Moschea Azzurra nella stessa piazza della ex cattedrale di Hagia Sophia. Problem? Yök (Non ce n’è).
E quando il centro è stato troppa confusione e avevamo bisogno di una pausa, seguendo un ottimo consiglio, abbiamo fatto un giro in moto costeggiando il Bosforo su, su, su fino a Yeni Köy a testare il vero gelato italiano di Davide. Già ci eravamo preparati, “E se non è buono cosa gli diciamo, che è buono o che non è buono?!”. Oh, non c’è n’è stato bisogno. E’ buono, è buono! Tra la strada bellissima e il gelato buono davvero ne è valsa proprio la pena. (Altro che dondurma!)

L’ultima Istanbul che ho visto, cercando di uscirne, è la parte asiatica, dove ci siamo dovuti fermare perchè ci siamo persi (E una volta, e due volte..) e il traffico era troppo e guidano troppo male stì turchi. Basta, io non guido più: trova un albergo. Strana l’Asia. E’ Asia davvero.
E al mattino è tutto scomparso. Di tutto quello che c’era ieri è rimasto solo uno sbronzone barcollante che scrocca sigarette e lancia baci alla cameriera di un caffè.
E mentre scrivo le Istanbul da 3 si trasformano in 4: e dell’Istanbul che si vede dalle mille terrazze non ne parli?

Eh mannaggia, allora sono 5: c’è l’Istanbul dei gatti, non puoi non dire che questa città appartiene a loro.

Cavolo di Istanbul ne ho vista un’altra, quella del quartiere di Tarlabaşi che ha un carro armato e un posto di blocco all’inizio della strada, dove la porta a fianco a quella del commissariato è di un bar di trans e dove i divani sono in strada e di notte si spostano in continuazione da un lato all’altro.
E queste 6 facce non sono sufficenti a descrivere una città che è così grande che è intelleggibile perchè 13 milioni di persone sono così troppe che la città che le ospita riempe troppo gli occhi per poter essere riassunta in così poche parole.

Dobbiamo assolutamente ringraziare tutti gli amici di amici di amici che ci hanno fatto sentire amici di primo grado. In ordine di apparizione Maribel e Farshad, Davide, Chiara, Elena e Enrico.

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